Buondì Sciòr (buongiorno Signore)
oggi vogliamo RACCONTARTI
La Storia di Zebrù il Camoscio.
Zebrù era un giovane camoscio. Insieme al suo branco viveva tra le vallate alpine che si susseguono nel Parco Nazionale dello Stelvio. L’ambiente alpino era il luogo ideale per crescere forte e indipendente mentre l’esperienza del branco permetteva a Zebrù di conoscere la storia e le leggende di quei luoghi donandogli la saggezza per vivere in ambienti ostili come quello delle Alpi.
Zebrù era un camoscio “diverso”, amava distinguersi dal resto del branco, spesso si isolava e cercava di prendere degli spazi solo per se. Amava ammirare la ballezza unica della natura. In primavera passava ore ad osservare l’intensità del colore dei rododendri in fiore, il profumo delle gemme di pino e la perfezione delle stelle alpine mentre quando arrivava l’inverno erano le geometrie dei fiocchi di neve ad affascinarlo, era un cultore del bello, per Zebrù i dettagli fanno la differenza.
Spesso si scontrava con il branco, non condivideva la loro esasperata pragmaticità e la loro mancanza di “senso del bello”. Per contro il branco spesso lo redarguiva e lo richiamava a rispettare le regole che permettevano allo stesso di sopravvivere.
Alcuni camosci invidiavano Zebrù e di nascosto lo seguivano per scoprire i posti segreti dove passava le sue giornate ad osservare il suo Mondo.
A Zebrù il branco iniziava a stare stretto.
Sebbene ne apprezzasse la sicurezza e gli insegnamenti, sentiva che quel mondo non era in grado di valorizzarlo abbastanza, sentiva che doveva cercare e creare qualcosa di diverso da solo, lontano dal branco.
Una mattina d’autunno decise di abbandonare il branco.
Il clima mite di quell’autunno rese le giornate di Zebrù piene di avventure. I colori unici di quella stagione speciale riempivano di emozione i suoi occhi. L’indipendenza dal branco era, per Zebrù, un traguardo irrinunciabile ed era orgoglioso della sua scelta e del suo coraggio.
Fu all’imbrunire di una giornata di tardo autunno che il dubbio iniziò ad insinuarsi tra i suoi pensieri.
Si ritrovò solo in un angolo sperduto delle sue valli. Sulla neve appena caduta le orme inconfondibili di un branco di camosci si facevano traccia lungo il percorso che solitamente seguiva per raggiungere l’anfratto che lo proteggeva durante le fredde giornate invernali.
Quelle orme richiamano alla sua memoria la vita nel branco e sebbene quello stile di vita, fatto di concretezza e privo di contemplazione estatica, sembrava non appartenergli, prese coscienza che apparteneva alla sua natura
Quella notte Zebrù mise in discussione la sua scelta di staccarsi dal branco.
La possibilità di aver fatto esperienza della solitudine e di averne preso coscienza ha permesso a Zebrù di integrare e valorizzare la sua diversità per completare se stesso era
imprescindibile accettare il senso di appartenenza al branco.
Fu la luce della Stella Polare ad illuminare e confermare l'essenzialità del branco
Da sempre aveva potuto dedicarsi senza troppi pensieri a coltivare le sue passioni, a perdersi nella natura, perché era il branco che lo guidava e lo proteggeva.
Il giorno seguente Zebrù si riunì al branco.
Zebrù aveva creduto che staccarsi dalle sue radici l’avrebbe reso un individuo più forte e riconosciuto. In realtà quel distacco era stato necessario per potersi completare e prendere coscienza della sua appartenenza al branco.
Aveva capito che per essere unici bisogna restare legati a ciò che ci ha permesso di costruire quell’unicità.
GRAZIE per aver letto il nostro RACCONTO
La Storia di Zebrù il Camoscio è una TRASPOSIZIONE SIMBOLICA
LA FAMIGLIA PEDRANZINI > ZEBRU' IL CAMOSCIO
IL VEDIG > IL BRANCO
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